La fraternità dell’Incarnazione ha avuto origine a Firenze nei primi anni sessanta, quando intorno a Mario Cosmi, non ancora sacerdote, si riunì un primo nucleo di ragazze desiderose di praticare insieme una vita evangelica che le impegnasse con i più bisognosi e sofferenti, inserendoli nel loro nucleo familiare. L’idea era quella di costituire come dei monasteri di nuovo tipo, dei cenacoli di preghiera e di carità. Attraverso la condivisione di vita con questi fratelli sofferenti ed invalidi e l’esigenza sempre più sentita di vivere un’esperienza profonda di preghiera e di carità fraterna in mezzo ai più poveri, si evidenziavano sempre di più quelli che erano i fondamenti della spiritualità che caratterizzava la comunità che stava formandosi;
- la condivisione e la similitudine con Gesù, prolungando la sua incarnazione in mezzo agli uomini in quegli ambienti dove maggiore fosse il disagio, la povertà, l’emarginazione: facendo nascere dei focolai di preghiera e carità fraterna.
- La consacrazione alla sofferenza l’amore per accompagnare Gesù nel Getsemani e per aiutare il mondo a comprendere il valore della sofferenza quando è unita alla passione di Cristo.
In questo spirito, al primo nucleo delle ragazze si unirono anche alcune famiglie di sposi e alcuni giovani che andavano maturando esigenze religiose profonde.
Così, agli inizi degli anni settanta si formò intorno a don Mario la prima famiglia maschile costituita da lui, alcuni aspiranti sacerdoti e da laici.
L’esperienza di vita comune sacerdotale ebbe inizio in una piccola parrocchia nei dintorni di Firenze.
All’ordinazione dei primi seminaristi nel 1976, ci fu il trasferimento di tutta la comunità in una grande parrocchia della periferia di Firenze, per permettere a questa piccola realtà di continuare nell’esperienza di vita comunitaria.
Anche se l’idea di don Mario era sempre quella di formare una comunità ai margini delle parrocchie, la possibilità di vivere insieme e di consolidare l’esperienza della vita fraterna fu considerata per quel momento Tappa importante e necessaria.
Con il cambiamento del Cardinale di Firenze questa possibilità venne ad interrompersi. Poté riprendere in seguito grazie al trasferimento della comunità sacerdotale nella diocesi di Pescia.
Il carisma della Fraternità non si sarebbe ancora potuto esprimere nella sua totalità, ma d’altronde questo trasferimento permetteva di continuare l’esperienza della vita comune e di avere l’aiuto concreto di un vescovo che avrebbe seguito la sperimentazione.
A questo punto la Fraternità aveva già assunto la forma e le caratteristiche che le sono proprie: accomunare nell’unica famiglia e nella medesima regola fratelli e sorelle, anche invalidi, appartenenti a stati di vita diversi (ministri ordinati, laici celibi e nubili, coppie di sposi) che, uniti dalla stessa chiamata, si impegnassero a vivere la loro consacrazione a Dio nella Fraternità dell’Incarnazione.
Dopo alcuni anni di esperienza, nel 1986, il vescovo di Pescia concesse alla Fraternità il riconoscimento ecclesiastico come Associazione Pubblica di Fedeli e ne approvò lo statuto.
Trascorso ancora qualche anno, desiderosa di poter vivere in pienezza il suo carisma, la Fraternità, attraverso don Mario ed il nuovo responsabile, chiese al Vescovo la possibilità di una sperimentazione più completa da effettuarsi fuori della diocesi, dato che a Pescia allora non vi erano le caratteristiche che avrebbero permesso la formazione di una comunità sacerdotale ai margini della parrocchia.
Il Vescovo dette questa facoltà un anno prima della morte di don Mario, e seguì personalmente il nuovo inserimento nella diocesi di Roma, in una parrocchia di periferia ritenuta adatta allo scopo per la sua particolare conformazione. Questa sperimentazione si inserì nel progetto di nuova evangelizzazione che la Diocesi di Roma stava portando avanti, ed ebbe una accoglienza positiva tanto da permettere, quattro anni dopo, anche la nascita di una comunità femminile in un’altra zona periferica della città e nel 2003 la costituzione di un’altra comunità sacerdotale nella zona sud della città.
E’ apparso così chiaramente che la Fraternità, modellando la sua vita sull’esempio di Cristo, è chiamata a svolgere la sua missione particolare in mezzo ai fratelli, in una dimensione di autentico nascondimento, nella semplicità e povertà di vita.
Come Gesù nell’Eucarestia vive nascosto nel segno del pane, così la Fraternità vive nel mondo con una presenza di amore semplice e povera, scegliendo come strumenti della sua testimonianza della Chiesa, quelli propri della presenza eucaristica di Gesù: il silenzio, la pazienza, l’impotenza, il dono di sé, la sofferenza per amore, la preghiera incessante di lode e di intercessione, nella disponibilità e nell’accoglienza verso tutti.